[Author Challenges] Oneshot... Story

INCONTRO INASPETTATO

Mi chiamo Laura ora vi racconto una storia.

Mi stavo godendo il sole e anche il bel panorama del mare sdraiata in un luogo non troppo affollato. Dato che sono venuta da sola non mi devo preoccupare l'orario del ritorno in albergo. Quando mi sono stancata e ritornata all'albergo, davanti alla porta mi sono scontrata con un tizio che correva di fretta e furia senza fare attenzione alle persone intorno. Però si è fermato dietro di me per avermi sbattuta contro a terra tendendomi una mano per aiutarmi e chiedermi scusa dopodiché mi sono alzata, lui mi fissava e non mi lasciava più la mano poi con la forza l'ho ritirato e chiesi: "hai qualche problema" e lui risposi: "oh.. niente...scusa ancora ma sono di fretta! ciao!". Poi me ne sono ritornata in camera.

Il giorno seguente mi sono alzata e ho chiamato il servizio in camera per la colazione.
La cosa inaspettata era che il cameriere era il tipo scontrata di ieri.
Lui; "Ecco la vostra colazione"
Io: "Grazie"
Nel frattempo mi siedo al tavolo per mangiare
Lui: "Vorrebbe qualcos'altro?"
Io: "Mhmhhh... niente puoi andare"
Lui: "Davvero? Sei sicura?"
Io: "si si”
prima di andarsene il cameriere senza fare rumori viene verso di me, senza accorgermene, il cameriere stende il braccio sul tavolo con la mano di fianco a me e l'altra prende il mento con la forza e lo tira verso di lui guardandolo negli occhi e mi dissi: “io ti odio" .
Rimasi confusa e imbambolata per la sua affermazione detta d'in punto in bianco e lui se ne andò senza dare una spiegazione.

Questo fatto mi ritornava in mente di continuo per sapere il motivo di quella frase ed è per questo decisi di andare dal personale dell'albergo per sapere quel tizio però è venuto un altro tipo che non lo assomigliava poi pensandoci su lo lasciato perdere perché dopo tanto tempo sono riuscita a venire da sola al mare e non doveva avere "ostacoli" al mio tanto atteso vacanza!

La mattina dopo sono andata di nuovo al mare per farmi una bella nuotata e poi sedermi con le ginocchia piegate verso di me e le braccia intorno, sopra all' asciugamano gigante e con l'ombrellone ficcato a fianco nella sabbia, per vedere il panorama del mare nel momento dell'alba.

Proprio in quel momento da dietro spunta uno che mi ha spaventato
Lui: "scusa non volevo spaventarti" e intanto si è seduto accanto a me
Io: "ehm.....niente....ma-ma tu chi sei? ci conosciamo?"
Lui con lo sguardo rivolto al mare: "Allora mi avevi rifiutato alla mia dichiarazione davanti alla classe del liceo" e fa un sospiro proseguendo: " ora ricordi?"
Io: "L-luca? e che centra ora questo, allora mi prendevi sempre in giro e mica devo prenderti sul serio tutte le volte, ti pare? e poi cosa significa che mi odi ?"
Luca con un tono deciso : "e se ti dicessi che facevo sul serio 5 anni fa e anche adesso? cosa mi rispondi? non accetto NO come risposta perché anche mi rifiutassi di nuovo, io non ti lascio più!!!?

La prima volta che lo vidi avevo solo otto anni. Fu in un pomeriggio d’estate. Ricordo quel giorno, come potrei mai dimenticarlo.

Il sole era ancora caldo e io cercavo con tutte le mie forze di non fare quelle odiose ore di canto con Madame Wikins, ma la Tata, Marie, mi costringeva. Così, con la scusa di andare a bere mentre Marie era intenta a cucire un nuovo “capolavoro”, uscii attraverso le cucine e mi recai nel giardino del palazzo. Poi seguii il vento. Attraversai la boscaglia e non curante dei pericoli, camminai inseguendo il suono dell’acqua.

“Acqua purissima” mi aveva detto Max, il figlio della domestica. Lui aveva fatto il bagno in quell’acqua e a suo parere non esisteva acqua più bella.

Ne avevo parlato a Marie ma non voleva che mi allontanassi da palazzo, ne da sola, ne tanto meno in compagnia di quel “idiota” di Max, come lei lo definiva ogni qualvolta mi raccontava qualcosa.

Così non potei mai andare al fiume.

Non mi arresi. Ero testarda. Diceva sempre la mamma che questa era una delle qualità che avevo preso da papà. Fu così che feci altre domande a Max. Lui era troppo ingenuo per capire le mie intenzioni e quindi fu facile per me investigare senza essere scoperta.

“Attraversato il giardino della casa, entrerai in un bosco e lì segui il rumori di una cascata e sarai subito al fiume” mi disse un giorno, e aggiunse “non è molto lontano e il bosco non è pericoloso, te lo assicuro”.

Perplessa dissi “Qual è il rumore di una cascata? Non lo conosco!”

Portando la mano sotto al mento e acquistando un espressione e metà tra l’essere sorpreso e l’essere perplesso, tipica espressione che non gli donava affatto, disse “Quello dell’acqua.” Sentendosi soddisfatto della risposta data annui dicendo “Si, proprio quello dell’acqua” Dopo aver pronunciato tali parole mi sorrise, accarezzo delicatamente il mio capo, cercando di non rovinare la mia acconciature, ed andò via fischiettando. Non mi fidavo molto delle parole di Max, ma non avevo altra scelta.

Quel giorno accadde tutto così velocemente. La porta che collegava la cucina al cortile non era chiusa a chiave.

Corsi fuori senza pensare a nulla.

Max aveva ragione quel posto era bellissimo, lungo la riva del fiume c’erano tanti fiori di diverso colore che emanavano un bellissimo profumo. Ero felicissima. Euforica. Era davvero un luogo di pace e serenità.

D’un tratto alzai lo sguardo e lo vidi.

Era un ragazzino alto più o meno quanto me, aveva i capelli del colore dell’ebano e indossava solo un paio di pantaloni, era intento a fare dei movimenti strani e non si era accorto di me.

Dal fiume fuoriuscivano alcuni sassi, non erano molto grandi ma vi si poteva facilmente saltare sopra e io li usai come ponte per raggiungere la riva opposta.

“Posso giocare con te?” chiesi al ragazzo timidamente.

Era un'Estate stupenda e una brezza leggera avvolgeva la bella Ischia.
Conosciuta nell’antichità come Pithecusa, Ischia era un’isola storica come i suoi abitanti, così legati alle tradizioni da apparire fermi nel tempo, collocati in un lontano passato difficilmente collegabile al presente. Dopo essere stato via per anni, Pietro, che era partito dalla sua terra natia da ragazzo, vi tornava da uomo. Erano passati sei anni dal giorno in cui si era voltato ed era salito sul traghetto, pronto a iniziare una vita nuova da un’altra parte, a cercare il suo scopo nella vita. Si era trovato un lavoro, aveva avuto diverse relazioni, ma non aveva trovato né la stabilità né lo scopo per cui aveva rivoluzionato la sua vita, abbandonando la sua terra. Ora, dopo la telefonata ricevuta da suo padre, rimetteva piede a Ischia dopo un lungo periodo. Non era mai tornato per le vacanze, non si era mai voltato indietro, mai; ma la sua bella isola l’aveva portata nel cuore, tanto amata quanto odiata.
Sceso dal traghetto, percorse il molo e si diresse subito verso l’ospedale, diverso dalle case che di notte s’illuminavano per gli occhi dei turisti.
Una volta dentro l’edificio, si diresse direttamente dal padre, già informato sul suo reparto e sulla sua camera. Quando aprì la porta, la visione che ebbe lo fermò. Il genitore, nonostante il suo passato da pescatore, era sempre stato più snello che muscoloso , figura che aveva passato a suo figlio, ma l’esile vecchio che Pietro vide, lo scioccò. Dal carattere indomito e dal corpo agile anche a cinquant’anni, Giovanni non era mai stato così fragile. Solo allora Pietro si ricordò di quanto tempo era stato via, solo allora rimpianse i sei anni passati.
“Papà” lo salutò comunque gioviale, cercando di non far trasparire nulla né dal suo volto né dalla sua voce. Era sempre stato quel tipo di persona, lui. Non aveva mai voluto rivelare troppo di quello che provava e preferiva tenere le sue preoccupazioni per sé, anche con un padre gentile come il suo, che – sapeva – avrebbe accettato tutto, a dispetto del suo carattere burbero.
“Pietro” mormorò il vecchio, con un sorriso sul volto rugoso e lo sguardo accigliato. Tossì forte, tanto da preoccuparlo. Quando il suo grande e forte padre era diventato così fragile?
“Stai bene?”
L'occhiata che ricevette in risposta, lo fece arrossire, imbarazzandolo. Anche da anziano, suo padre aveva il potere di intimorirlo e condizionare le sue reazioni; poiché lui ci teneva alla sua stima e aveva paura di perderla, di perderlo.
“Pietro, ricordi l'anello di tua madre?”
“Quello con la perla rosa?”
“Sì” annuì Giovanni. “Gliela regalai io. A quei tempi, non potevo permettermi un anello d'oro; così mia madre mi regalò un vecchio orecchino d'argento che feci modificare.”
“E allora?”
“Era un'Estate come questa, quando le chiesi di sposarmi. Era così bella... Ogni volta che la guardavo, pensavo: oh, che uomo fortunato, sono! “
Un sorriso dolce scappò a Pietro. Suo padre, mentre raccontava quella storia, aveva uno sguardo dolce e amorevole, strano, ma affascinante, in un uomo rude com'era.
“Mi disse con quel suo bel sorriso: lo voglio, Giovanni, ma solo se accetterai che metta qualcosa sulle nostre fedi anch'io. All'epoca non si usava, sai? La proposta mi confuse, ma il mio cuore mi disse di accettare. Non importava, volevo vivere con lei, amarla per il resto dei miei giorni, che m'importava di una cosa così futile? Alla fine li mise e ora...”
“Padre...” gli occhi gli diventarono lucidi.
“Ora quegli anelli sono tuoi. Dallo a chi ami durante un'Estate a Ischia, Pietro, e sarai felice come lo siamo stati noi” mormorò il vecchio con un sospiro, prima di perdersi nei ricordi dell'Estate d'un tempo.